Quando c’è il sospetto di una patologia epatica, molti di noi pensano che basti fare un esame per sapere subito di cosa si tratta. Purtroppo non funziona così: in molti casi le malattie epatiche presentano sintomi cosiddetti “aspecifici”, riferibili cioè a parecchie altre patologie, e non esiste un esame unico che ci indichi subito quale sia il problema. In aggiunta a questo, spesso si arriva ad avere segni di patologia epatica quando la situazione è già molto grave: questo accade perché il fegato ha una enorme capacità di riserva e rigenerazione, oltre al fatto che ci sono malattie non primarie del fegato che provocano secondariamente problemi a questa ghiandola, alterando gli esami e complicando ancora di più la diagnosi.
Il fegato è un organo importantissimo, che svolge svariate funzioni, come ad esempio la produzione di bile, fondamentale per la digestione degli alimenti, e l’assorbimento, il metabolismo e lo stoccaggio della maggior parte dei principi nutritivi. Inoltre ha la funzione di “disintossicare” l’organismo da prodotti che altrimenti sarebbero dannosi, come molti farmaci (es. barbiturici), i metalli (es. rame) e l’ammoniaca (derivante dal metabolismo delle proteine). Altra importante funzione è quella di produrre fattori della coagulazione, che intervengono in caso di emorragia.
Come abbiamo accennato, i sintomi delle malattie epatiche sono “aspecifici”, cioè comuni a patologie a carico di altri organi o apparati: il paziente può presentare anoressia, perdita di peso, abbattimento, vomito, diarrea, aumento della sete e dell’urinazione. A volte può presentarsi l’ittero, cioè una condizione patologica in cui la cute, le sclere e le mucose mostrano un colore giallastro a causa dell’elevata concentrazione di bilirubina nel sangue. In alcuni casi, la presenza di feci grigiastre può confermare il sospetto di patologia a carico delle vie biliari.
Nelle situazioni più gravi si possono riscontrare ascite (raccolta di liquido in addome), sintomi neurologici causati da intossicazione da parte dei prodotti di scarto e disfunzioni della coagulazione.
Per riconoscere un’epatopatia è quindi importante rivolgersi al proprio medico veterinario, che proporrà un iter diagnostico adeguato.
Gli esami del sangue di base possono mostrare delle variazioni nelle concentrazioni degli enzimi epatici (ALT, AST, ALP e GGT), ma bisogna ricordare che questi possono aumentare in corso di patologie extraepatiche, oppure non mostrare alterazioni in corso di patologie a carico del fegato.
Nel caso in cui si sospetti un difetto nella vascolarizzazione del fegato (ad esempio uno shunt porto-sistemico) è utile misurare gli acidi biliari nel sangue prima e dopo il pasto, mentre in presenza di sintomi neurologici è indicato misurare i livelli sierici di ammoniaca. Negli animali con tendenza al sanguinamento, invece, sono indicati i test della coagulazione (consigliabili in ogni caso prima di effettuare il prelievo di biopsie epatiche, che siano sotto guida ecografica o chirurgica).
Ma perché il fegato può ammalarsi? Molti fattori possono portare a un danno epatico.
In alcuni casi questa ghiandola è colpita da anomalie congenite che comportano un malfunzionamento fin dai primi mesi di vita, ma il più delle volte le cause di danno al fegato vanno ricercate in turbe infettive, dovute a infezioni batteriche, virali o a infestazioni parassitarie, oppure a ingestione di sostanze tossiche (quindi sostanze " velenose” esterne), ma anche a diffusione di tossine endogene, derivanti ad esempio dall’intestino o da alterazioni del metabolismo.
In generale è bene distinguere tra “patologie delle vie biliari”, che colpiscono la cistifellea e le strutture deputate al trasporto della bile all’intestino (tipiche del gatto) e le “patologie parenchimali”, che colpiscono la ghiandola vera e propria (più comuni invece nel cane).
Le vie biliari sono solitamente colpite da patologie infiammatorie dette “colangiti” e la loro ostruzione, ad esempio per la presenza di calcoli, può sfociare in un ittero clinicamente evidente.
Le patologie infiammatorie del parenchima epatico vengono invece chiamate “epatiti” e possono avere un andamento acuto o cronico. Tra le più comuni cause di epatite nel cane ricordiamo le infezioni da Leptospira e da Adenovirus (CAV-1), per le quali però esistono dei vaccini che diminuiscono drasticamente la probabilità di infezione. Alcune epatiti sono causate da sostanze tossiche, per esempio l’epatite da accumulo di rame, tipica del Bedlingtn Terrier, del Dalmata e del Labrador Retriever. L’epatite può essere secondaria anche all’ingestione di alcune piante (ad esempio la Cycas revoluta) o di grandi quantità di farmaci (barbiturici, alcuni antibiotici e antinfiammatori).
Il fegato può essere colpito anche da malattie degenerative, come la cirrosi epatica e l’iperplasia nodulare, e da malattie neoplastiche.
La cirrosi epatica altro non è che la conseguenza di un’epatopatia cronica, che nel tempo porta alla riduzione delle dimensioni dell’organo e della sua riserva funzionale. La causa nella maggior parte dei casi rimane sconosciuta, ma si ipotizza che possa essere un agente virale, batterico o tossico che, anche molto tempo prima, ha innescato il processo degenerativo.
L’iperplasia nodulare epatica è rappresentata dalla comparsa di noduli multipli sul fegato dei cani anziani: è una condizione benigna, che non causa una malattia clinica, ma deve essere differenziata dalla cirrosi e dal tumore del fegato, in quanto il solo riscontro ecografico non è diagnostico (è necessaria una biopsia per la diagnosi definitiva).
Le neoplasie epatiche primarie sono rare ma, soprattutto nel cane, tendono ad essere maligne. Molto più comuni sono le neoplasie secondarie, cioè le metastasi di tumori primari presenti su altri organi, soprattutto milza, apparato gastroenterico e cute.
Quali sono dunque gli strumenti di diagnosi per valutare un danno al fegato?
Come abbiamo accennato, esistono molti esami di laboratorio che ci possono aiutare nella diagnosi di malattia epatica. Tra le tecniche di diagnostica per immagini, indubbiamente l’ecografia è una delle più utili e meno invasive, dal momento che l’animale non necessita di una sedazione, per confermare l’entità e il tipo di danno subito da quest’organo. Nei casi più complicati, soprattutto quando si sospetta un’origine neoplastica della lesione epatica, può essere indicata anche la TC.
Quindi come possiamo evitare l’instaurarsi di queste patologie? Sicuramente la prevenzione è l’arma migliore: fin da cuccioli è opportuno garantire un’alimentazione bilanciata e di qualità, evitare gli extra e l’obesità; fare attenzione a non lasciare in giro sostanze potenzialmente dannose, come detersivi, solventi, insetticidi o altro che possa essere ingerito e prestare attenzione ad ogni piccolo mutamento nelle abitudini, nel carattere o nelle grandi funzioni organiche dei nostri amici animali.
E quando l’epatopatia si è già manifestata? Prima di impostare una terapia è importante risalire alla causa della malattia e a diagnosticarla con un certo grado di sicurezza. Se il danno è a livello del parenchima epatico, si possono utilizzare farmaci come la silibina e la carnitina, che stabilizzano la membrana degli epatociti, eliminano i radicali liberi e hanno un effetto antinfiammatorio e antifibrotico.
Quando il danno è a livello biliare, il farmaco di prima scelta è sicuramente l’acido ursodeossicolico, che riduce la viscosità della bile e ne favorisce il flusso; oltre a questi effetti ha azione antinfiammatoria ed antifibrotica.
E per quanto riguarda l’alimentazione? E’ importantissimo fornire un alimento adeguato, che assicuri un adeguato apporto di energia e principi nutritivi e prevenga la malnutrizione. La dieta deve limitare l’ulteriore danno epatico prevenendo l’accumulo di rame e radicali liberi, deve sostenere la rigenerazione delle cellule del fegato e ridurre al minimo le complicazioni metaboliche, come l’encefalopatia epatica e l’ascite.